At 9, 26-31
26 Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. 27 Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28 Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. 29 Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. 30 Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. 31 La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.
Lectio
Questa sezione riporta l’incontro di Paolo con gli apostoli a Gerusalemme. Luca sa che, dopo Damasco, Paolo è andato a Gerusalemme; ma, non conoscendo la lettera ai Galati, non ne conosce le ragioni e approfitta per presentare al lettore un suo motivo che considera fondamentale: stabilire la comunione tra il futuro grande missionario delle genti e il collegio dei Dodici Apostoli. Per farlo, l’autore usa la tecnica narrativa del contrasto: il timore della comunità dinanzi all’ex-persecutore, seguito dall’accoglienza tra gli apostoli, grazie alla mediazione di Barnaba. Per Luca è l’occasione di introdurre di nuovo Barnaba che, tra poco, sarà protagonista nella missione a Cipro. Nel testo degli Atti Saulo/Paolo e Stefano fanno lo stesso percorso: l’apostolato tra gli ellenisti di Gerusalemme, la minaccia di morte da parte loro. Luca, in sintesi, fa assumere a Paolo un comportamento, che redime l’atteggiamento negativo di complicità che egli aveva dimostrato alla morte di Stefano (8,1a). Paolo è ormai redento e ora può vantare di essere degno successore del Protomartire. L’ultimo versetto chiude la prima sezione di questa parte degli Atti. Serve a segnare un tempo di pausa. Luca guarda indietro, al cammino percorso e fa il punto della situazione della Chiesa. In essa regna la pace non soltanto nel segno di assenza di persecuzione, ma come riflesso di una pienezza di vita inaugurata dall’evento-Cristo. Ci sono da sottolineare le immagini usate: l’unica Chiesa si moltiplica, si edifica (idea della costruzione, del tempio) e cammina (idea della vita vissuta in santità). Il tutto nel Timore di Dio, cioè in atteggiamento di obbedienza al volere divino, quindi la disponibilità che permette a Dio di prendere in mano le redini dello sviluppo. La Chiesa è animata dalla forza dello Spirito Santo, visto ora nella sua funzione di consolatore e protettore all’interno della comunità. Alla luce di questa introduzione si comprende come l’interesse di Paolo è sostanzialmente annunciare il vangelo, comunicare la sua esperienza fondamentale: il Signore mi ha amato e ha dato la sua vita per me. È proprio in questa esperienza si può vedere anche la fede, che è intimità con il Signore che trasforma la vita. Il compito di Paolo è quello di annunciare che Gesù è Figlio di Dio, cosa che gli apostoli hanno capito solo alla fine. Per entrare nel mondo della personalità di Paolo è necessario fare riferimento alla lettera ai Galati 1… dall’eternità era pensato e amato per comprendere il Figlio che era in lui. Questa è la verità che necessita essere annunziata a tutti (cfr 2Cor 12,1-4//1Cor 2,9). Giunto a Gerusalemme… Questa indicazione di luogo dice la difficoltà di accettare le persone che sono considerate “avversarie”, e si rischia di vedere la Comunità Ecclesiale come un ghetto. Però il testo e la storia evangelica insegnano che l’amore per i nemici è la vera vittoria dei cristiani. Allora il compito è di superare l’esclusione. Nel testo si trova anche Barnaba… a lui il compito di fare sperimentare l’amore di Dio = consolare. Questo personaggio sta con chi è quasi sempre escluso. In questo testo si dice che il male radicale dell’uomo è essere solo. La comunità si deve adoperare e cercare di vincere questa forte tentazione instaurando relazioni di familiarità. Queste relazioni devono avere come punto di riferimento la figura e l’insegnamento di Gesù, che ci ha additato la Trinità, luogo e immagine di relazioni autentiche, come modello da imitare. Se questo è il principio di tutta la vita ecclesiale, l’accoglienza porta alla libertà piena. Alla fine abbiamo un accenno alla pace della Chiesa… che è la benedizione di Dio. Questa pace si conquista con l’edificazione e camminando. Contrariamente alla realtà, se la Chiesa non cammina… crolla!!! Cioè è chiamata a portare agli altri la gioia dell’amore di Dio (Timore del Signore)… e nella consolazione dello Spirito… guidata dalla presenza amorevole del Signore. In questa verità si riflette, ancora una volta nella vita del Nuovo Popolo, l’esperienza del Popolo di Israele nel deserto. Senza Timore e Consolazione non si cresce.